La storia dei sistemi politici,
al di là delle controtendenze e dei ricorsi, vede il passaggio da varie forme
di monarchia e oligarchia, potere di uno o di pochi, alle attuali democrazie,
potere di tutti. Sorvolando sul fatto che questo potere continua in realtà ad
essere distribuito in modo assai diseguale, specie se si considera il mondo
intero con la sua gran parte povera, immaginiamo che davvero il popolo tutto
goda di buone disponibilità economiche, di accesso alla conoscenza, di libertà
di pensiero ed espressione. Sarebbe dunque fatta? Meta raggiunta? No, perché se
nei confronti delle entità naturali questo popolo, la specie umana, si comporta
come sfruttatore a oltranza, asservendole e schiavizzandole per un'insaziabile
cupidigia, si resta alle prese con la sopraffazione, stavolta non dell'uomo
sull'uomo, ma di miliardi di uomini sulla natura. Ed è questa la più letale
delle sopraffazioni. Oltre la democrazia c'è dunque la fisiocrazia, non quella di Quesnay, ma quella che consiste nel
restituire alla natura, alla Terra, il potere che le abbiamo indebitamente
sottratto.
Andrea_Sergi_Amicizia_Universale
martedì 18 giugno 2019
mercoledì 27 marzo 2019
Il diritto del più debole
Consideriamo l’ordine
concettuale corrente in merito a questi due ordini opposti di proprietà:
A. Forza, potere, superiorità / B.
Debolezza, impotenza, inferiorità.
Elenchiamo ora dieci possibili attribuzioni
di queste proprietà contemplanti l’essere umano:
1. Adulto / Infante
2. Giovane / Vecchio
3. Sano / Malato
4. Padrone / Lavoratore
5. Ricco / Povero
6. Uomo / Donna
7. Eterosessuale / Omosessuale
8. Uomo bianco / Uomo nero
9. Uomo civilizzato / Uomo primitivo
10. Uomo / Animale.
Alcune di queste opposizioni ai più
ripugnano al solo pensarci, in particolare quelle che sono connotate da
discriminazione razziale o sessuale, poiché storicamente
associate alle vessazioni. Tuttavia nessuna di queste coppie è scevra
dal fenomeno della vessazione del primo membro sul secondo, al massimo sono più
o meno diffuse e più o meno violente.
Il primo termine
dell’opposizione può liberamente disporre della propria superiorità relativa al
secondo in due modi a loro volta opposti:
X. Rispetto, empatia, amicizia / Y. Abuso,
disprezzo, utilizzo.
Il modo X deriva
da una qualità che nel modo Y è assente, cioè la coscienza del fatto che la
debolezza, l’impotenza, l’inferiorità di B sono più apparenti che reali. Essere
vulnerabili, infatti, non significa certo non avere valore, come un vaso della
miglior porcellana, antica cinese o Sèvres che sia, non è che valga poco o
nulla perché si rompe con grande facilità. Non c’è ragionamento più grossolano,
eppure è ciò che succede ogni giorno, ogni volta che un “forte” opprime un
“debole”. Consideriamo infatti l’elenco dei membri B: infanti, vecchi, malati,
lavoratori, poveri, donne, omosessuali, neri, primitivi, animali. Sono molte le
parole con cui esprimere i valori posseduti: innocenza, tenerezza, tenacia,
pazienza, esperienza, bellezza, zelo, sensibilità, affettuosità, vivacità,
naturalezza, e potremmo proseguire. L’esercizio della violenza procura
all’oppressore un immediato godimento, ma nella bilancia generale, nel calcolo
assiologico dell’insieme cosmico, è soltanto una perdita, ecco perché rifiutare
e scongiurare tale esercizio sono atti etici, o eroici.
domenica 4 novembre 2018
Costituzione, rivoluzione
La Costituzione
italiana inizia con una definizione. L’essere
delle leggi è il dover essere, qui
perciò la definizione non è, anzitutto, descrizione, ma ciò che esige
attuazione, in quanto, per esperienza e pensiero, in esso si vede un bene non
spontaneamente compiuto, non sempre e non ovunque. A essere definito è il
Paese, l’Italia, e i concetti che compongono la definizione sono: repubblica, democrazia, lavoro, sovranità,
popolo. Questi concetti si danno per evidenti e acquisiti; solo a quello di
sovranità, con il secondo comma, è data una specificazione, onde escluderne il
tipo illimitato, assoluto. Di fondo, il concetto a cui la norma si ispira è parità. La repubblica è diversa dalla
monarchia, anche da quella costituzionale, perché nessuno vi nasce nobile, predestinato al comando o all’autorità. La democrazia è la diffusione del potere
nella popolazione. Il lavoro è fondamento perché bisogna che ognuno
contribuisca al benessere generale. C’è una sovranità, seppur relativa, e
questa è attribuita al popolo, non a questa o a quella élite. Nell’essenza,
dunque, l’articolo uno dice: la parità è
bene. Ciò è del tutto comprensibile: il costituente è come un padre, e un
buon padre non usa disparità, vuole il bene per i propri figli in egual misura.
Questa misura, tuttavia, non può essere la più alta in termini di ricchezza.
Qualora sessanta milioni di persone disponessero ciascuna di un patrimonio
attorno ai venti miliardi, come Ferrero o Del Vecchio, sarebbero esaurite le
risorse non solo dell’Italia ma di un bel pezzo di mondo, si provocherebbe cioè una catastrofe
infernale. Sul piano economico, la parità dev’essere dunque commisurata a una
certa medietà, meglio ancora a una certa sobrietà. La deduzione è semplice:
senza l’abolizione delle grandi ricchezze, non c’è attuazione della carta
costituzionale. Essa vuole una rivoluzione, e non c’è modo di fuggirne
sostenendo che non contano i patrimoni ma i diritti fondamentali, come se il
ricco si distinguesse dal povero solo per l’accesso ai beni voluttuari, e non
anche per quelli a una sanità, a un’istruzione, a una difesa nettamente superiori.
martedì 16 ottobre 2018
Il senso
“Quale pianeta
ha più valore, Venere o Marte?” La domanda da me posta appare alquanto bizzarra.
La rivolgo al signor X, che non ha tempo da perdere e la lascia cadere. Provo
con altri due che, più benevolmente, provano a rispondere, in base a ciò che
sanno di quei pianeti. Il signor A, dopo una breve riflessione, dà il primato a
Marte, essendogli giunta notizia che potrebbe esservi acqua, o almeno esservi
stata; e poi, Marte ha due satelliti, Foibos e Demos, mentre Venere non ne ha
alcuno. Tuttavia, Venere è più grande e più luminoso di Marte, per cui il
signor B dice Venere. Con il pareggio si direbbe dunque confermata
l’impressione che quella domanda fosse un giochetto vacuo, ma è interessante
come i signori A e B, nei loro responsi, abbiano dato importanza a certe
qualità più che ad altre. A loro avviso, grandezza, luminosità, pluralità di
elementi conferiscono valore all’ente, in altri termini potere di
condizionamento, poi tutto sta nel dosaggio di tali qualità. Quanto alla
domanda: “i giudizi di questo tipo sono oggettivi o soggettivi?” la risposta è:
sono oggettivi nella misura in cui i mezzi percettivi dell’essere umano, la
sensibilità in primis, e di seguito la ragione, formano un concetto dell’ente,
una sua riproduzione mentale. Se le risposte di A e B sono diverse non
significa che una sia valida e l’altra no, ma semplicemente che i due non hanno
pensato alle stesse qualità dei due enti proposti a oggetto. Essi, nel nostro concetto, si somigliano più
che differenziarsi. Se nella domanda fossero invece compresi la Terra e uno
qualunque tra i pianeti del sistema solare, balzerebbe agli occhi il fatto che
nell’una pullula la vita in milioni di specie differenti, compresa la nostra,
mentre negli altri essa è del tutto assente. Ciò non toglie che il signor X,
già infastidito dal precedente interrogativo, neghi che questo secondo abbia
maggior senso, mentre A e B concordano nell’idea che la Terra abbia
incomparabilmente più valore di ogni altro pianeta. Questa volta la differenza
di vedute è tanto rilevante dal porre l’una o l’altra nel novero dell’errore:
non possono avere ragione tanto X quanto AB, e io, schifando l’aria da
intellettuale del primo, ne trovo maggiormente nei secondi, gente semplice.
La pluralità dei modi dell’essere è la
massima distanza dal nulla, e io mi riconosco nell’heideggeriano pastore
dell’essere. La superiorità della Terra entro il sistema solare, o meglio,
entro tutta l’area ancora da misurare ove non vi sono organismi, si deve alla
presenza su di essa di modi d’essere assenti in ogni dove, quelli che la
tassonomia biologica si sforza di classificare; sarebbe notevole anche se non
vi strisciassero che poche cellule, ma il dominio degli eucarioti, comprendente
anche le piante, gli animali e quindi l’uomo, rende gigantesco il divario.
Sulla Terra vi è poi un altro modo ontico, quello delle opere umane, il cui
aumentare cambia la faccia del pianeta. Esse, quando sono frutto di ingegno,
operosità, genio, costituiscono un valore aggiunto, ma solo fino a quando non
iniziano a intaccare la biosfera, com’è invece accaduto. L’espansione della
tecnica porta con sé quella della nostra specie, ma ciò passa per lo
sfruttamento della natura, la cui estensione diminuisce, finché non solo si
annulla il vantaggio dell’uomo, fino a rovesciarsi nel suo contrario, ma
diminuisce il valore stesso della Terra.
Coscienza ontica è dunque competenza
assiologica, da cui pienezza di senso per l’azione, direzione morale. Dal
momento in cui è acquisita, non serve più cercare questo senso, senza il quale
l’uomo si fa strumento della distruzione generale, fuori dal sapere,
nell’immaginazione mitopoietica su cui poggiano le religioni. Agire nell’amore,
nell’ammirazione, nel contributo, nella difesa dell’essere, nella
consapevolezza del valore di ogni ente, è filosofia pratica.
martedì 21 agosto 2018
Destino
Il
pensiero che vaga liberamente, stanco dei freni, stanco di credere alle
stranezze sacrali entro cui una certa religione lo teneva in custodia. Dove va?
È un bene o un male che quel cervello pensi, senza riverenza verso ciò che i
pedagoghi vi introdussero quand’era fanciullo, senza dare per certo che le
opinioni prevalenti nella società siano quelle giuste, le migliori possibili? Indubbiamente
c’è qui un pericolo, e non da poco. Salvo un miracolo, l’errore è garantito, e può
essere tanto grave da cagionare danni irrimediabili, a sé e agli altri, se non la
morte prematura, la propria, quella d’altri, quella del mondo. Sì, forse era
meglio credere alle favole, quelle che avevano la virtù di trattenere l’uomo
dalle brame deleterie, tranquillizzandolo con l’immagine fantastica di
un’estensione più grande di ogni possibile estensione terrena, infinita,
nell’oltremondo. Certo, questo è viver
come bruti, ma meglio bruti, o incompleti, che rovinati o morti. Poi c’è l’ideale:
il pensiero che, nel suo libero volo, arriva a comprendere tutto ciò che deve
assolutamente comprendere, e lo fa prima che sia troppo tardi.
martedì 7 agosto 2018
Revisione del peccato
La dualità ordinario – straordinario corrisponde a un fatto non solo nella manutenzione di certi oggetti, ma anche in psicologia, e ciò in riferimento alla soddisfazione. Le cause, rispettivamente, sono dette naturali o culturali. La soddisfazione ordinaria è comune a tutte le specie viventi: essa risponde a esigenze basilari, che si ripresentano nel corso della vita, con frequenze diverse, quali respirazione, idratazione, alimentazione, escrezione. Altra è la soddisfazione procurata da un incremento della propria estensione spazio - temporale, che è consentita da una manipolazione di enti naturali, frutto d’ingegno, la creazione di oggetti variamente funzionali. La soddisfazione naturale è il portato della conservazione di sé, mentre quella straordinaria, culturale, è dovuta alla propria espansione nello spazio - tempo. Storicamente, l’uomo europeo è il primo soggetto in cui la tendenza all’espansione, in molteplici direzioni, si è manifestata nel modo incessante a noi ben noto; egli l’ha poi trasmessa, o imposta, al mondo tutto, originando l’attuale situazione planetaria. La popolazione umana è (2018) di circa sette miliardi e mezzo, e aumenta costantemente. Di questi, i più non desiderano semplicemente nutrirsi, ma anche deliziare i propri palati; non solo vestire i propri corpi, ma sfoggiare capi alla moda; non solo muoversi da un luogo a un altro nelle vicinanze, con calma, ma raggiungere velocemente e comodamente qualsivoglia parte del pianeta. Ciò avviene in misura ineguale nella popolazione, secondo come disposto dalla dea Fortuna. Molti si concedono più libertà di quanto non accadrebbe se ad essa fosse sempre ben unito il rispetto, anche nei confronti delle entità naturali. Il costo di tutto ciò ha finito da tempo di essere una questione del tutto interna alla nostra specie. L’aria e l’acqua si inquinano per i residui industriali e intestinali, il mare si riempie di plastica, il suolo si inaridisce, la varietà floristica e faunistica si riduce. Le ripercussioni di tale processo espansivo sono ormai manifeste, sotto forma di disagio generale, di intossicazioni e tumori, di decessi innaturali. Senza un’inversione di tendenza, senza la coscienza, l’impegno di tutti, la Terra comincerà ad assomigliare a Marte o a Venere, e di ciò l’uomo sarà al contempo causa e vittima.
Tornando alla psicologia, se ne conclude che la soddisfazione straordinaria, almeno nella fattispecie comune, concreta, è ingannevole. Ecco dunque rivisto il peccato alla luce della ragione, fuori dalla teologia.
Tornando alla psicologia, se ne conclude che la soddisfazione straordinaria, almeno nella fattispecie comune, concreta, è ingannevole. Ecco dunque rivisto il peccato alla luce della ragione, fuori dalla teologia.
lunedì 19 marzo 2018
Il governo governato
Nihil est sine ratione, diceva Leibniz; detto
diversamente, tutto ciò che esiste ha una causa, o meglio una serie di cause
efficienti. I governi esistono, quindi anche l’azione di governo sottostà a
questa legge ontologica. Da indicare, tra le cause del governo, il diritto
grazie a cui certe persone governano: in passato, esso veniva da azioni di
forza, da eredità o da elezioni oligarchiche, oggi prevale il suffragio
universale, domani chissà. Se tuttavia ci atteniamo alla causa immediata dei
governi, questa non è altro che la coscienza dei governanti, e l’elemento
essenziale di tale coscienza è o dovrebbe essere il concetto del bene, quello
della Nazione, del popolo, insomma il bene generale. Nel corso dei secoli, le
società umane hanno individuato nell’elezione popolare il mezzo che più di
tutti dà alle nazioni un governo mosso da questo concetto, eppure è del tutto
evidente che, ancora una volta, il perseguimento del bene non è garantito.
Compiuta l’opera di persuasione, difatti, nelle aule governative la voce del
popolo comincia spesso a giungere flebile, o distorta, mentre è stentoreo il
richiamo degli affaristi, ai quali tali politici finiscono col somigliare,
quando non sono addirittura la stessa persona. Nulla di intrinsecamente
malvagio nell’abilità ad arricchirsi, ma una politica che, anziché includerne le dinamiche nella propria azione di governo, si fa governare da chi la
possiede, non è più rispettabile delle politiche che ci siamo lasciati alle
spalle.
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