martedì 18 giugno 2019

Oltre la democrazia

La storia dei sistemi politici, al di là delle controtendenze e dei ricorsi, vede il passaggio da varie forme di monarchia e oligarchia, potere di uno o di pochi, alle attuali democrazie, potere di tutti. Sorvolando sul fatto che questo potere continua in realtà ad essere distribuito in modo assai diseguale, specie se si considera il mondo intero con la sua gran parte povera, immaginiamo che davvero il popolo tutto goda di buone disponibilità economiche, di accesso alla conoscenza, di libertà di pensiero ed espressione. Sarebbe dunque fatta? Meta raggiunta? No, perché se nei confronti delle entità naturali questo popolo, la specie umana, si comporta come sfruttatore a oltranza, asservendole e schiavizzandole per un'insaziabile cupidigia, si resta alle prese con la sopraffazione, stavolta non dell'uomo sull'uomo, ma di miliardi di uomini sulla natura. Ed è questa la più letale delle sopraffazioni. Oltre la democrazia c'è dunque la fisiocrazia, non quella di Quesnay, ma quella che consiste nel restituire alla natura, alla Terra, il potere che le abbiamo indebitamente sottratto.






mercoledì 27 marzo 2019

Il diritto del più debole

   Consideriamo l’ordine concettuale corrente in merito a questi due ordini opposti di proprietà:

   A. Forza, potere, superiorità / B. Debolezza, impotenza, inferiorità.

   Elenchiamo ora dieci possibili attribuzioni di queste proprietà contemplanti l’essere umano:

   1. Adulto / Infante
   2. Giovane / Vecchio
   3. Sano / Malato
   4. Padrone / Lavoratore
   5. Ricco / Povero
   6. Uomo / Donna
   7. Eterosessuale / Omosessuale
   8. Uomo bianco / Uomo nero
   9. Uomo civilizzato / Uomo primitivo
   10. Uomo / Animale.

   Alcune di queste opposizioni ai più ripugnano al solo pensarci, in particolare quelle che sono connotate da discriminazione razziale o sessuale, poiché storicamente associate alle vessazioni. Tuttavia nessuna di queste coppie è scevra dal fenomeno della vessazione del primo membro sul secondo, al massimo sono più o meno diffuse e più o meno violente.

   Il primo termine dell’opposizione può liberamente disporre della propria superiorità relativa al secondo in due modi a loro volta opposti:

   X. Rispetto, empatia, amicizia / Y. Abuso, disprezzo, utilizzo.

   Il modo X deriva da una qualità che nel modo Y è assente, cioè la coscienza del fatto che la debolezza, l’impotenza, l’inferiorità di B sono più apparenti che reali. Essere vulnerabili, infatti, non significa certo non avere valore, come un vaso della miglior porcellana, antica cinese o Sèvres che sia, non è che valga poco o nulla perché si rompe con grande facilità. Non c’è ragionamento più grossolano, eppure è ciò che succede ogni giorno, ogni volta che un “forte” opprime un “debole”. Consideriamo infatti l’elenco dei membri B: infanti, vecchi, malati, lavoratori, poveri, donne, omosessuali, neri, primitivi, animali. Sono molte le parole con cui esprimere i valori posseduti: innocenza, tenerezza, tenacia, pazienza, esperienza, bellezza, zelo, sensibilità, affettuosità, vivacità, naturalezza, e potremmo proseguire. L’esercizio della violenza procura all’oppressore un immediato godimento, ma nella bilancia generale, nel calcolo assiologico dell’insieme cosmico, è soltanto una perdita, ecco perché rifiutare e scongiurare tale esercizio sono atti etici, o eroici.

domenica 4 novembre 2018

Costituzione, rivoluzione


  La Costituzione italiana inizia con una definizione. L’essere delle leggi è il dover essere, qui perciò la definizione non è, anzitutto, descrizione, ma ciò che esige attuazione, in quanto, per esperienza e pensiero, in esso si vede un bene non spontaneamente compiuto, non sempre e non ovunque. A essere definito è il Paese, l’Italia, e i concetti che compongono la definizione sono: repubblica, democrazia, lavoro, sovranità, popolo. Questi concetti si danno per evidenti e acquisiti; solo a quello di sovranità, con il secondo comma, è data una specificazione, onde escluderne il tipo illimitato, assoluto. Di fondo, il concetto a cui la norma si ispira è parità. La repubblica è diversa dalla monarchia, anche da quella costituzionale, perché nessuno vi nasce nobile, predestinato al comando o all’autorità. La democrazia è la diffusione del potere nella popolazione. Il lavoro è fondamento perché bisogna che ognuno contribuisca al benessere generale. C’è una sovranità, seppur relativa, e questa è attribuita al popolo, non a questa o a quella élite. Nell’essenza, dunque, l’articolo uno dice: la parità è bene. Ciò è del tutto comprensibile: il costituente è come un padre, e un buon padre non usa disparità, vuole il bene per i propri figli in egual misura. Questa misura, tuttavia, non può essere la più alta in termini di ricchezza. Qualora sessanta milioni di persone disponessero ciascuna di un patrimonio attorno ai venti miliardi, come Ferrero o Del Vecchio, sarebbero esaurite le risorse non solo dell’Italia ma di un bel pezzo di mondo, si provocherebbe cioè una catastrofe infernale. Sul piano economico, la parità dev’essere dunque commisurata a una certa medietà, meglio ancora a una certa sobrietà. La deduzione è semplice: senza l’abolizione delle grandi ricchezze, non c’è attuazione della carta costituzionale. Essa vuole una rivoluzione, e non c’è modo di fuggirne sostenendo che non contano i patrimoni ma i diritti fondamentali, come se il ricco si distinguesse dal povero solo per l’accesso ai beni voluttuari, e non anche per quelli a una sanità, a un’istruzione, a una difesa nettamente superiori.




martedì 16 ottobre 2018

Il senso


   “Quale pianeta ha più valore, Venere o Marte?” La domanda da me posta appare alquanto bizzarra. La rivolgo al signor X, che non ha tempo da perdere e la lascia cadere. Provo con altri due che, più benevolmente, provano a rispondere, in base a ciò che sanno di quei pianeti. Il signor A, dopo una breve riflessione, dà il primato a Marte, essendogli giunta notizia che potrebbe esservi acqua, o almeno esservi stata; e poi, Marte ha due satelliti, Foibos e Demos, mentre Venere non ne ha alcuno. Tuttavia, Venere è più grande e più luminoso di Marte, per cui il signor B dice Venere. Con il pareggio si direbbe dunque confermata l’impressione che quella domanda fosse un giochetto vacuo, ma è interessante come i signori A e B, nei loro responsi, abbiano dato importanza a certe qualità più che ad altre. A loro avviso, grandezza, luminosità, pluralità di elementi conferiscono valore all’ente, in altri termini potere di condizionamento, poi tutto sta nel dosaggio di tali qualità. Quanto alla domanda: “i giudizi di questo tipo sono oggettivi o soggettivi?” la risposta è: sono oggettivi nella misura in cui i mezzi percettivi dell’essere umano, la sensibilità in primis, e di seguito la ragione, formano un concetto dell’ente, una sua riproduzione mentale. Se le risposte di A e B sono diverse non significa che una sia valida e l’altra no, ma semplicemente che i due non hanno pensato alle stesse qualità dei due enti proposti a oggetto.  Essi, nel nostro concetto, si somigliano più che differenziarsi. Se nella domanda fossero invece compresi la Terra e uno qualunque tra i pianeti del sistema solare, balzerebbe agli occhi il fatto che nell’una pullula la vita in milioni di specie differenti, compresa la nostra, mentre negli altri essa è del tutto assente. Ciò non toglie che il signor X, già infastidito dal precedente interrogativo, neghi che questo secondo abbia maggior senso, mentre A e B concordano nell’idea che la Terra abbia incomparabilmente più valore di ogni altro pianeta. Questa volta la differenza di vedute è tanto rilevante dal porre l’una o l’altra nel novero dell’errore: non possono avere ragione tanto X quanto AB, e io, schifando l’aria da intellettuale del primo, ne trovo maggiormente nei secondi, gente semplice.
   La pluralità dei modi dell’essere è la massima distanza dal nulla, e io mi riconosco nell’heideggeriano pastore dell’essere. La superiorità della Terra entro il sistema solare, o meglio, entro tutta l’area ancora da misurare ove non vi sono organismi, si deve alla presenza su di essa di modi d’essere assenti in ogni dove, quelli che la tassonomia biologica si sforza di classificare; sarebbe notevole anche se non vi strisciassero che poche cellule, ma il dominio degli eucarioti, comprendente anche le piante, gli animali e quindi l’uomo, rende gigantesco il divario. Sulla Terra vi è poi un altro modo ontico, quello delle opere umane, il cui aumentare cambia la faccia del pianeta. Esse, quando sono frutto di ingegno, operosità, genio, costituiscono un valore aggiunto, ma solo fino a quando non iniziano a intaccare la biosfera, com’è invece accaduto. L’espansione della tecnica porta con sé quella della nostra specie, ma ciò passa per lo sfruttamento della natura, la cui estensione diminuisce, finché non solo si annulla il vantaggio dell’uomo, fino a rovesciarsi nel suo contrario, ma diminuisce il valore stesso della Terra.
   Coscienza ontica è dunque competenza assiologica, da cui pienezza di senso per l’azione, direzione morale. Dal momento in cui è acquisita, non serve più cercare questo senso, senza il quale l’uomo si fa strumento della distruzione generale, fuori dal sapere, nell’immaginazione mitopoietica su cui poggiano le religioni. Agire nell’amore, nell’ammirazione, nel contributo, nella difesa dell’essere, nella consapevolezza del valore di ogni ente, è filosofia pratica.

martedì 21 agosto 2018

Destino

  Il pensiero che vaga liberamente, stanco dei freni, stanco di credere alle stranezze sacrali entro cui una certa religione lo teneva in custodia. Dove va? È un bene o un male che quel cervello pensi, senza riverenza verso ciò che i pedagoghi vi introdussero quand’era fanciullo, senza dare per certo che le opinioni prevalenti nella società siano quelle giuste, le migliori possibili? Indubbiamente c’è qui un pericolo, e non da poco. Salvo un miracolo, l’errore è garantito, e può essere tanto grave da cagionare danni irrimediabili, a sé e agli altri, se non la morte prematura, la propria, quella d’altri, quella del mondo. Sì, forse era meglio credere alle favole, quelle che avevano la virtù di trattenere l’uomo dalle brame deleterie, tranquillizzandolo con l’immagine fantastica di un’estensione più grande di ogni possibile estensione terrena, infinita, nell’oltremondo. Certo, questo è viver come bruti, ma meglio bruti, o incompleti, che rovinati o morti. Poi c’è l’ideale: il pensiero che, nel suo libero volo, arriva a comprendere tutto ciò che deve assolutamente comprendere, e lo fa prima che sia troppo tardi.

martedì 7 agosto 2018

Revisione del peccato


    La dualità ordinario – straordinario corrisponde a un fatto non solo nella manutenzione di certi oggetti, ma anche in psicologia, e ciò in riferimento alla soddisfazione. Le cause, rispettivamente, sono dette naturali o culturali. La soddisfazione ordinaria è comune a tutte le specie viventi: essa risponde a esigenze basilari, che si ripresentano nel corso della vita, con frequenze diverse, quali respirazione, idratazione, alimentazione, escrezione. Altra è la soddisfazione procurata da un incremento della propria estensione spazio - temporale, che è consentita da una manipolazione di enti naturali, frutto d’ingegno, la creazione di oggetti variamente funzionali. La soddisfazione naturale è il portato della conservazione di sé, mentre quella straordinaria, culturale, è dovuta alla propria espansione nello spazio - tempo. Storicamente, l’uomo europeo è il primo soggetto in cui la tendenza all’espansione, in molteplici direzioni, si è manifestata nel modo incessante a noi ben noto; egli l’ha poi trasmessa, o imposta, al mondo tutto, originando l’attuale situazione planetaria. La popolazione umana è (2018) di circa sette miliardi e mezzo, e aumenta costantemente. Di questi, i più non desiderano semplicemente nutrirsi, ma anche deliziare i propri palati; non solo vestire i propri corpi, ma sfoggiare capi alla moda; non solo muoversi da un luogo a un altro nelle vicinanze, con calma, ma raggiungere velocemente e comodamente qualsivoglia parte del pianeta. Ciò avviene in misura ineguale nella popolazione, secondo come disposto dalla dea Fortuna. Molti si concedono più libertà di quanto non accadrebbe se ad essa fosse sempre ben unito il rispetto, anche nei confronti delle entità naturali. Il costo di tutto ciò ha finito da tempo di essere una questione del tutto interna alla nostra specie. L’aria e l’acqua si inquinano per i residui industriali e intestinali, il mare si riempie di plastica, il suolo si inaridisce, la varietà floristica e faunistica si riduce. Le ripercussioni di tale processo espansivo sono ormai manifeste, sotto forma di disagio generale, di intossicazioni e tumori, di decessi innaturali. Senza un’inversione di tendenza, senza la coscienza, l’impegno di tutti, la Terra comincerà ad assomigliare a Marte o a Venere, e di ciò l’uomo sarà al contempo causa e vittima.

   Tornando alla psicologia, se ne conclude che la soddisfazione straordinaria, almeno nella fattispecie comune, concreta, è ingannevole. Ecco dunque rivisto il peccato alla luce della ragione, fuori dalla teologia.


 

lunedì 19 marzo 2018

Il governo governato

  Nihil est sine ratione, diceva Leibniz; detto diversamente, tutto ciò che esiste ha una causa, o meglio una serie di cause efficienti. I governi esistono, quindi anche l’azione di governo sottostà a questa legge ontologica. Da indicare, tra le cause del governo, il diritto grazie a cui certe persone governano: in passato, esso veniva da azioni di forza, da eredità o da elezioni oligarchiche, oggi prevale il suffragio universale, domani chissà. Se tuttavia ci atteniamo alla causa immediata dei governi, questa non è altro che la coscienza dei governanti, e l’elemento essenziale di tale coscienza è o dovrebbe essere il concetto del bene, quello della Nazione, del popolo, insomma il bene generale. Nel corso dei secoli, le società umane hanno individuato nell’elezione popolare il mezzo che più di tutti dà alle nazioni un governo mosso da questo concetto, eppure è del tutto evidente che, ancora una volta, il perseguimento del bene non è garantito. Compiuta l’opera di persuasione, difatti, nelle aule governative la voce del popolo comincia spesso a giungere flebile, o distorta, mentre è stentoreo il richiamo degli affaristi, ai quali tali politici finiscono col somigliare, quando non sono addirittura la stessa persona. Nulla di intrinsecamente malvagio nell’abilità ad arricchirsi, ma una politica che, anziché includerne le dinamiche nella propria azione di governo, si fa governare da chi la possiede, non è più rispettabile delle politiche che ci siamo lasciati alle spalle.