sabato 30 luglio 2016

Religione e guerra

  L'uomo non vive di solo pane, come si sa, ma anche di idee. Dal punto di vista della filogenesi viene prima il ventre rispetto al cervello, ma, a sviluppo compiuto, chiedersi quale dei due sia più importante non ha alcun significato. In una torre è più importante la base o la sommità? Senza la prima la seconda non si regge, senza la seconda non c'è più la torre. Così, l'uomo porta con sé entrambe le sue parti essenziali in tutto ciò che fa, compresa, purtroppo, la guerra: a torto o a ragione, egli combatte sia per il “pane”, ovvero i beni materiali, che per le idee, e se fra le varie idee disseminate nel collettivo in armi una posizione dominante, o almeno rilevante, è occupata da una fede religiosa, la commistione di religione e guerra è cosa fatta. Richiami alla pace e correnti oggi definibili come nonviolente esistono in tutte le maggiori religioni, ma in nessuna sono tanto forti da creare un'incompatibilità tra fede e guerra. L'atteggiamento delle autorità religiose, figure non sempre distinte dai politici, non è mai stato univoco, nemmeno in seno alle singole confessioni; quanto ai popoli, ai capi politici in genere ed ai militari, prima del secolo scorso a professarsi credente in una certa fede religiosa era la totalità, sono a tutt'oggi la maggioranza, e le guerre non sono mai mancate. Sono le costituzioni e gli accordi internazionali di ispirazione laica ad affermare il ripudio della guerra «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (articolo 11 della Costituzione italiana).
  La differenza religiosa è stata tra le cause di molti conflitti. In senso stretto, le guerre di religione furono quelle che videro contrapporsi cattolici e protestanti dalla metà del XVI secolo alla metà del successivo, ma l'espressione, per quanto riduttiva, può valere allo stesso modo per un gran numero di fatti bellici, tra cui quelli che coinvolsero i musulmani. Per un verso, il nostro tempo sembra a corto di fantasia, visto che siamo ancora alle prese con una guerra che vede una delle due parti combattere al grido di Allāhu Akbar, ma vi sono anche macroscopiche differenze: uno dei fronti è come diluito in quasi tutto il pianeta, anche in conseguenza della massiccia emigrazione verso l'Occidente iniziata dopo la fine del colonialismo; vi è un impiego inaudito del terrorismo suicida, ed il reclutamento può avvenire anche online. Queste anomalie mettono l'altra parte in grande difficoltà, ma a rendere incerto l'esito favorevole che dovrebbe esserle garantito dalla sproporzione tra le due forze, una setta islamica ed il resto del mondo, è la disunione interna, la babelica eterogeneità ideologica e le polemiche tra fazioni, perciò la diffusione di valori universalmente condivisibili le è più che mai necessaria. A tale scopo, non serve porre l'enfasi su questo o quel credo e sui suoi rappresentanti, serve la forza mediatrice ed unificante della laicità.

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