L'articolo
29 della Costituzione italiana, la cui genesi fu assai travagliata (vedi il contributo di V. Caporrella), non è tra quelli messi in discussione da voci autorevoli. Anche per le principali correnti laiche, le recenti esigenze di una società ampiamente mutata rispetto agli anni Quaranta sono adattabili a tale norma. Tuttavia, una sua certa modifica,
tanto piccola graficamente quanto rivoluzionaria nei contenuti,
sarebbe inevitabile qualora il nostro Paese fosse coinvolto nel profondo rinnovamento culturale che chiunque ami
davvero la vita, l'intelligenza e la felicità non può che
auspicare, per l'Italia e per il mondo. Con grande sollievo, scadrebbe
allora il tempo dell'aspra, estenuante controversia che oggi,
dentro e fuori il Parlamento, accende gli animi attorno al tema della
famiglia, come non accadeva quando il campo etico era dominato dal
cattolicesimo, il confronto interculturale era interesse di pochi studiosi, non c'era alcuna politica europea, l'omosessualità era un
tabù e non erano ancora praticabili le tecniche di procreazione
assistita. Questa modifica consiste nel sostituire la definizione
di famiglia come
"società naturale fondata sul matrimonio", con quella
di nucleo della società fondato sull'amore.
Lo Stato, constatata l'idoneità fondamentale dei richiedenti,
dovrà riconoscere non anche,
ma soltanto le
unioni civili, indipendentemente da fattori estrinseci al sentimento
come il sesso, il numero o la consanguineità, e ratificare gli
eventuali annullamenti. Diritto inviolabile dei minori, oltre alle cure e alla cultura proporzionate all'età, è
quello di non essere sottoposti ad alcuna oppressione psicologica se allevati da una coppia omosessuale. Non sarà vietata alcuna via diversa da quella puramente naturale per generare una vita. Chiunque sarà libero di
celebrare il matrimonio secondo qualsivoglia tradizione o rito,
ma esso non avrà alcun valore giuridico, e di conseguenza non ne
avrà il divorzio; i legali specializzati avranno modo di riconvertire la loro lucrosa attività.
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