domenica 11 settembre 2016

Il filosofo

   Nell'uomo, la funzione di rendere accessibile l'essere alla coscienza è svolta da un organo psichico il cui nome è ragione. Essa si mette in movimento sin dall'infanzia, della specie come dell'individuo, ancora involontariamente, quando trova nell'esperienza del mondo le prime costanti quantitative e qualitative che col tempo, una volta intervenuta la volontà e disciplinato l'apprendimento, si costituiscono rispettivamente in matematica e logica: nelle costanti, essere ed esperienza si incontrano. Una normale padronanza del linguaggio e dei numeri basterebbe a fare di un uomo un filosofo, se il momento applicativo delle discipline non prevalesse sulla pura riflessione tanto da rendere l'esplicazione discorsiva dell'essere un'impresa da titani. Parmenide ebbe il merito di porre l'unità e l'eternità dell'essere, ma lo fece negando il divenire, e da allora l'antitesi non fu mai effettivamente risolta. Martin Heidegger lamentò che l'intera storia della civiltà occidentale è “oblio dell'essere”, ma alla sentenza non seguì la giustizia: diversamente espressa (essere - ente) l'antitesi è rimasta, e se il “pastore dell'essere” o il suo nunzio possono trovarsi a loro agio in un regime nazista, laddove un pastore luterano come Dietrich Bonhoeffer lo combatte fino alla morte, di quell'oblio bisognerebbe auspicare il mantenimento perenne.
  Tuttavia, perlustrando il mondo si troveranno prima o poi le manifestazioni di un'etica che dice sì alla libertà individuale purché unita alla responsabilità, e sì alla tecnica purché sottomessa all'ecologia; quella di chi sa calcolare il valore delle azioni e le retribuisce in base ad esso; di chi stima più la crescita concettuale di quella materiale; di chi non ha bisogno di mentire; di chi ama la località di vacanza chiamata vita, vuole gustarsi il viaggio e farlo gustare ad altri, il più possibile. Questo proverebbe, più di qualunque ricerca bibliografica, che da qualche parte l'ontologia è stata efficacemente formulata, e che nel campo di forze delle idee il filosofo c'è.

venerdì 2 settembre 2016

Avanzamenti e anacronismi

   Perché prendano forma compiuta, i grandi ambiti del sapere richiedono il concetto della continuità fra le determinazioni che riproducono nella coscienza gli enti percepibili o immaginabili. Con questo gli enti nulla perdono della loro individualità: cade semplicemente l'illusione di una cesura nello spazio o nel tempo che segni i limiti di qualunque cosa. Ogni corpo, almeno a livello atomico e subatomico, ha rapporti costanti di acquisizione, di cessione o di scambio con altre entità, aeriformi, liquide o parimenti solide; per la stessa dinamica, ogni ente nasce e perisce. Se l'osservazione si addentra nell'oggetto per individuarne il limite, le nostre unità spaziali e temporali comprenderanno in realtà elementi anche degli oggetti con cui il primo si trova in relazione: gli enti sfumano l'uno nell'altro, e persino i componenti subatomici delle cose potrebbero trasformarsi, ai limiti dell'universo.
   Lseparazione sostanziale è dunque oltre ogni possibile esperienza, e non riguarda le parti determinabili di alcun complesso, come l'uomo, la natura, l'universo, la totalità. Il dualismo, nei consueti termini di spirito e materia, anima e corpo, uomo e natura, è ancora un comune modo di pensare; tuttavia, almeno negli Stati che hanno abolito gli obblighi religiosi, oggi si può smentire senza mettere a repentaglio l'incolumità fisica, e questo lo si deve ad una lunga e drammatica storia di pensiero e di ricerca scientifica. Il problema, tuttavia, non si risolve eleggendo uno dei due termini della dualità a fondamento dell'insieme, con detrimento dell'altro, da cui l'annosa disputa fra spiritualismo e materialismo. Gli avanzamenti scientifici degli ultimi cento cinquant'anni, in fisica, biologia, psicologia e tecnologia, hanno creato le migliori condizioni per il superamento di queste antinomie. Si può ancora parlare ragionevolmente di materia come del genere di cose che hanno un effetto immediato sulla nostra sensibilità, di spirito come dei contenuti psichici più complessi, o come stato d'animo, ma nessuno dei due, né i loro sinonimi, rendono il concetto di unica sostanza. Appunto sostanza è invece termine indubbiamente consono all'unitarietà del tutto.
   La sopravvivenza ai nostri giorni del marxismo, in quanto materialismo, è perciò ascrivibile alla lista degli anacronismi culturali, di seguito alle varie osservanze religiose che lo superano in antichità. Nato come reazione all'idealismo hegeliano, il materialismo di Marx contiene l'antropologia più avvilente che si possa immaginare, per la svalutazione del pensiero, i cui ordini di idee giammai incidono significativamente sul divenire storico. Il vertice dell'evoluzione biologica sul pianeta è degradato a “sovrastruttura”, ove le idee dominanti sono emanazione e stampella dello status quo, mentre quelle osteggiate e censurate da chi è al potere sono il preavviso dei prossimi rivolgimenti, che avvengono per una dinamica tutta interna all'economia. Ad una teoria rivoluzionaria bisognerebbe quindi pensare come alla meteorologia rispetto al tempo che farà comunque, ma l'insistenza di Marx e dei suoi seguaci nel pensare e nel parlare dimostra l'intento di provocare con le idee eventi che secondo la loro stessa teoria non dipendono dalle idee. È un esempio di come le carenze concettuali a cui accennavo rendano contraddittorie le elaborazioni teoriche.
   Fino ad oggi, il solo effetto del marxismo sui fatti concreti è stato quello legato alla crescita industriale di Paesi arretrati, qual'erano a loro tempo la Russia, la Cina e i rispettivi satelliti: da quegli assunti teorici si ricavò infatti uno strumento demagogico eccellente per le vaste popolazioni chiamate ad un lavoro tanto duro e prolungato, mentre, per quanti non ne erano persuasi, essi fornirono la legittimazione all'uso del pugno di ferro. Altri Paesi in fase critica, come l'Italia e la Germania fra una guerra e l'altra, per ragioni analoghe si affidarono al socialismo nazionalista. Raggiunto o avvicinato lo scopo, però, tutti hanno più o meno aperto i portoni alla libertà di impresa e di mercato, eccettuata la sclerotica Corea del Nord. Tuttavia, si può sempre denunciare l'accaduto come un tradimento della dottrina marxiana. Essa resta così sempre pronta, con le sue spiegazioni ed i suoi rimedi, per le ricorrenti crisi del sistema economico dominante, di cui i credenti continuano a preconizzare e ad auspicare il crollo: in tal modo, nel magico mondo venturo, costoro avranno maggiori possibilità di rivestire ruoli di primo piano, o almeno non anonimi e pesanti come quello dell'operaio, anche se “emancipato”.