Nel confronto fra le
determinazioni che percepiamo è il principio della conoscenza. Si
parte da ciò che presenta relazioni più evidenti con l'oggetto
determinato e, percorrendo la strada fino al suo termine, si può
arrivare al sapere ontologico, alla “cosa”, o ente. Ciò vale
anche per la conoscenza di noi stessi, e se, come specie, il
confronto immediato è con i mammiferi, come individui e gruppi
dobbiamo misurarci con quelli della nostra specie. Conoscere è anche
valutare, e valutare se stessi significa misurare la propria forza.
Ecco in che senso duello, gara e battaglia, laddove il divario non è
subito evidente, producono conoscenza. La continuità tra uomo e
regno animale è palese nelle tenzoni corporee, indiretta quanto più
la dimensione intellettiva occupa il campo della sfida. Effettuate le
misure, i rapporti tra le parti in gioco sono stabilite per un certo
tempo, se non definitivamente: una sarà dominante e l'altra
sottomessa, a meno che non risultino equivalenti. Nelle società
avanzate tale equivalenza è posta a priori: l'eguaglianza del
diritto prevista costituzionalmente discende dall'affermazione di una
verità di base, quella secondo cui chi è nato da essere umano,
prima di essere maschio o femmina, grande o piccolo, bianco o nero,
povero o ricco, è sua volta essere umano, ha forza come tale, gode
di un valore primario, non quantificabile, a cui si aggiunge ogni
altro fattore soggetto a valutazione. Le eventuali ostilità tra
individui o gruppi non devono mai oltrepassare questo segno.
Logicamente, chi dimostra nei fatti di non aver colto il concetto si
espone alla medesima negazione, ed il suo valore primario diviene
calcolabile al ribasso.
Il riconoscimento
dell'eguaglianza essenziale è conquista del più grande rilievo; ha
richiesto secoli di sforzi e di sacrifici da parte dei più coscienti
e, dov'è disatteso, o peggio misconosciuto, l'opera deve andare
avanti. Tuttavia, questo traguardo appare transitorio ad un pensiero
esigente. Le disuguaglianze secondarie, spesso macroscopiche, sono il
successivo limite all'amicizia universale, denominazione con cui si
può definire il progetto che, su questa Terra, si trova al
di sopra di ogni altro progetto,
il superamento dell'odio e della violenza, sia tra gli esseri umani
che tra uomo e natura. Esso è già in esecuzione nel momento in cui
un individuo comunica concetti estesi, siano essi ontologici, fisici,
biologici o antropologici. Ne sono primordi le intuizioni dei Greci e
degli Indiani antichi, ed è proseguito, tra mille errori e falsità,
con il meglio del pensiero europeo, dall'umanesimo in avanti.
Recepiti dai politici innovatori, tali raggiungimenti si sono
tradotti nelle leggi democratiche, al costo di lotte aspre, spesso
sanguinose. La via comunista all'eguaglianza si è invece rivelata
fallimentare: sorto dalla negazione della filosofia, relegata da Marx
a “sovrastruttura”, non guarda che alle condizioni economiche,
trascurando quelle psicologiche. La società che ne deriva somiglia
ad un ingranaggio di cui ognuno è un dente di rotella, salvo i
governanti, addetti alla manutenzione. Fa bene l'autorità politica a
intervenire sull'economia attraverso le giuste regole, e buona cosa è
la ridistribuzione del reddito; quel che manca è la ridistribuzione
dell'intelligenza, anche per i pregiudizi derivanti dall'innatismo.
L'avanzamento del
progetto richiede politiche su famiglia ed istruzione in cui si
riconosca l'impronta della filosofia razionale, oltre ad essere
scientificamente aggiornate. Le percosse e le frottole devono sparire
dalle abitudini educative verso i bambini. Chi insegna, in
qualunque sede, deve aver tatuata nella mente la differenza tra
verità e congettura, e mai sostituire la prima con la seconda, né
il sapere con il credere, il concetto con l'ipotesi. La scuola
dev'essere anzitutto il luogo in cui conoscere se stessi in quanto
esseri umani, animali razionali, parte e coscienza del Tutto; la
logica e l'etica devono appartenere ai programmi sin dagli anni
obbligatori, naturalmente nella forma più semplice, come avviene per
la lingua e la matematica. Cancellata in nome della ragione la babele del pensiero e la barbarie che ne deriva, il progetto sarebbe completamente realizzato.
Nessun commento:
Posta un commento