venerdì 15 settembre 2017

Competere

   “Competere”, etimologicamente (cum + pĕtĕre, dirigersi, cercare, aspirare), è perseguire uno scopo comune a qualcun altro. In questo senso, tutti i viventi, per il semplice volersi mantenersi in vita, competono, come pure tutti quelli che vogliono crescere, o migliorare la propria condizione. Meno ampio è l’uso più frequente del verbo, che implica l’antagonismo, non la collaborazione: cose ambedue validissime, sempre che siano legittime le esigenze dei partecipanti e che siano premiati i meriti, che non si abbia perciò la minima ripercussione peggiorativa sulla collettività. Il solo impegnarsi in un qualunque lavoro ci mette in competizione con chi svolge la stessa attività, anche involontariamente. C’è poi lo sport, in cui la rivalità, finalizzata a evidenziare le qualità atletiche e certe qualità psicologiche, deve contenersi entro i limiti di un regolamento.
   Se però la giusta valutazione degli scopi e dei mezzi relativi richiede un livello di apprendimento che non è stato raggiunto, da una o da entrambe le parti, la competizione, in qualunque campo, si carica di odio e violenza. Ora, rispetto a un modello etico ideale, esistono forse personificazioni individuali, ma nessun popolo o Stato è indenne da esempi negativi, tali da giustificare l’ostilità di qualcuno, all’interno o all’esterno dei suoi confini. Bisogna però che le risposte, se vogliono essere costruttive, costituiscano esempi opposti, di civiltà contro la barbarie, di coscienza e giustizia contro la loro latitanza.

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