Mediamente, le popolazioni del mondo odierno
sono più eterogenee che in passato quanto a idee generali. Prima grande e
rudimentale distinzione è quella tra chi è religioso e chi non lo è, poi
ambedue le categorie si suddividono, la prima in diversi tipi e gradi di
religiosità, l’altra secondo varie anime del libero pensiero. In molti campi, i
giudizi degli uni divergono spesso da quelli degli altri, ma entro uno Stato
non può valere che un solo corpus di leggi: è dunque inevitabile che solo una
parte sia soddisfatta, quella che trova la propria visione delle cose
sufficientemente rispecchiata nella legge che si stabilisce. Tuttavia, le
condizioni delle altre parti non sono certo indifferenti rispetto all’una o
all’altra ideologia predominante. Se la legge s’ispira a una dottrina
religiosa, chi non ha quel credo può trovarsi impedito nelle scelte personali:
ad esempio, potrebbe voler ricorrere all’eutanasia, all’aborto farmacologico,
divorziare dal coniuge, ma non può. Se, all’estremo opposto, l’ideologia porta
ad osteggiare la religione e a non ammettere alcun’obiezione di coscienza, la
violazione dei diritti colpisce chi è religioso. Dove la legge né si ispira
alla religione né la proibisce, il credente non è obbligato a commettere
alcun’azione che ritenga peccato, ognuno può decidere di se stesso, a tutti è
vietato solo procurare danno ad altri. Se le costituzioni contengono
riferimenti alla laicità ovvero alla libertà di pensiero e di credo, qualunque
maggioranza manifestata dai suffragi è tenuta a rispettare tale indirizzo,
coerentemente con lo scopo di perseguire l’interesse onnicomprensivo, che è
quello di ogni giusto atto politico. Un sistema di pensiero manifesta il suo
valore soprattutto in base a tali effetti.
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